Già 2400 anni fa i siciliani erano famosi per la loro cucina, la “SIKELIKE’ TRAPEZA” (alla lettera: tavola siciliana) e Gela, tra i suoi uomini illustri, conta Archestrato, il primo gastronomo della civiltà occidentale, vissuto intorno al 300 a. C.
Come tutti sanno, la tradizione è continuata e si è arricchita sulla scorta delle presenze sull’isola, dei più svariati popoli, soprattutto quello arabo.
Le olive, appena raccolte (o anche prelevate dalla salamoia di conserva), schiacciate, tenute in acqua un paio di giorni, e condite con aglio finemente tagliato, sedano, carote, olio, aceto e origano, rappresentano un immancabile stuzzichino per avviare i commensali verso i traguardi più significativi della tavolata.
Ebbene, la seccatura consiste nell’operazione dello schiacciamento, eseguita tradizionalmente con un grosso ciottolone di fiume (quarzite), pesante, liscio e tendenzialmente piatto, impugnato con una mano e calato con energia sull’oliva posta su un lastrone di pietra o marmo. L’effetto “collaterale” è quello di proiettare schizzi di acqua e olio (soprattutto per le olive fresche) nel giro dei 360°.
Tutta questa ridondante prosopopea, per presentare e nobilitare l’umile attrezzo dello schiaccia-olive di legno.
Due pannelli sagomati 9x42 cm. spessore 17 mm., chiusi a scatola da due tavolette, una spessa 17, l’altra, quella su cui batterà l’elemento schiacciatore, spessa almeno 25.
Lo schiacciatore, dello stesso spessore, è fissato con viti ad una sorta di leva-paletta. Una scanalatura prodotta su quest’ultima, consente l’introduzione di una barra filettata di acciao inox da 8 mm., ancorata a sua volta dall'esternodella scatola con due dadi ciechi di ottone.
Lo spazio dove inserire le olive 5 mm. Ma un taglio a 45° nella parte bassa dello schacciatore, una volta schiacciato il frutto, al “ritorno” della leva, consente la caduta dell’oliva direttamente dentro la ciotola sulla quale l’attrezzo è stato appoggiato sfruttando le sue estremità a foggia di manici.
Il tutto, con legno di cipresso o pino, senza colla, solo viti. Alla fine un tocco di gentilezza col pirografo e trattato con olio di girasole.
Se qualcuno lo realizza, non lo dica a nessuno.
Io ne ho dovuti fare 10, per gli amici. Poco danno. Ad ognuno ho attaccato un bigliettino rosso e li ho fatti passare per strenne natalizie.
DSCN1371.jpgDSCN1372.jpgDSCN1373.jpgDSCN1374.jpgDSCN1375.jpg
Come tutti sanno, la tradizione è continuata e si è arricchita sulla scorta delle presenze sull’isola, dei più svariati popoli, soprattutto quello arabo.
Le olive, appena raccolte (o anche prelevate dalla salamoia di conserva), schiacciate, tenute in acqua un paio di giorni, e condite con aglio finemente tagliato, sedano, carote, olio, aceto e origano, rappresentano un immancabile stuzzichino per avviare i commensali verso i traguardi più significativi della tavolata.
Ebbene, la seccatura consiste nell’operazione dello schiacciamento, eseguita tradizionalmente con un grosso ciottolone di fiume (quarzite), pesante, liscio e tendenzialmente piatto, impugnato con una mano e calato con energia sull’oliva posta su un lastrone di pietra o marmo. L’effetto “collaterale” è quello di proiettare schizzi di acqua e olio (soprattutto per le olive fresche) nel giro dei 360°.
Tutta questa ridondante prosopopea, per presentare e nobilitare l’umile attrezzo dello schiaccia-olive di legno.
Due pannelli sagomati 9x42 cm. spessore 17 mm., chiusi a scatola da due tavolette, una spessa 17, l’altra, quella su cui batterà l’elemento schiacciatore, spessa almeno 25.
Lo schiacciatore, dello stesso spessore, è fissato con viti ad una sorta di leva-paletta. Una scanalatura prodotta su quest’ultima, consente l’introduzione di una barra filettata di acciao inox da 8 mm., ancorata a sua volta dall'esternodella scatola con due dadi ciechi di ottone.
Lo spazio dove inserire le olive 5 mm. Ma un taglio a 45° nella parte bassa dello schacciatore, una volta schiacciato il frutto, al “ritorno” della leva, consente la caduta dell’oliva direttamente dentro la ciotola sulla quale l’attrezzo è stato appoggiato sfruttando le sue estremità a foggia di manici.
Il tutto, con legno di cipresso o pino, senza colla, solo viti. Alla fine un tocco di gentilezza col pirografo e trattato con olio di girasole.
Se qualcuno lo realizza, non lo dica a nessuno.
Io ne ho dovuti fare 10, per gli amici. Poco danno. Ad ognuno ho attaccato un bigliettino rosso e li ho fatti passare per strenne natalizie.
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